Ibridare vuol dire mescolare cose diverse e porta
con se, inevitabilmente, un senso di impurità, di contaminazioni che aprono a
una prospettiva di futuro incerto e pericoloso. Non è un caso che i collage
nascano come pratica sperimentale all’interno di quelle avanguardie artistiche
che hanno sancito la frattura, mai più sanata, all’interno dell’arte tra un
procedere progressivo di evoluzione stilistica e quella serie di catastrofi
continue che dominano ormai da oltre un secolo il nostro attuale fare
artistico. In uno spazio come La camera chiara che si pone, proprio per il suo
nascere all’interno di un laboratorio di stampa chimica, al riparo dalla ormai
totale egemonizzazione del mondo digitalizzato questo nuovo lavoro di
ibridazioni tra fotografia, disegno e materiali vari vuole essere una nuova
piccola tappa verso un’idea di creatività il più possibile libera dai dettami e
dalle costrizioni che questa parola ha finito per assumere oggi. Un mondo in cui l’estetica sembra
prefabbricata e pensata a proprio uso e consumo, che sembra voler produrre
originalità ma che rimane invece invischiato dentro la ripetizione del sempre
uguale che si vuole sempre diverso. Fabbricare nuove immagini ha
senso, per noi, solo nella sua accezione di creazione di possibili associazioni
che permettano nuovi modi per vedere ciò che pur essendo visibile non è
immediatamente percepibile. È
il vecchio gioco dell’arte, mai fine a se stessa, che stabilisce ponti tra il
nostro sentire, empatizzare, collegare immagini a sensazioni e a nuovi
significati, insomma a ibridare materia e pensiero per rendere possibile ciò
che ancora non è ma che potrebbe essere.
La camera chiara di via Giorgio Jan 10 a Milano. Inaugurazione martedì 11 dicembre ore 18,30.
Dal 11 al 23 dicembre - orari lun.-ven. 9-13 e 14,30-18 sabato 9-13
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