L’incontro della foto e del disegno richiede una unità di intenti, una
sintonia. Forse per questo è stato tentato di rado, e ha funzionato perlopiù
quando fotografo e disegnatore erano la stessa persona. Nel caso di Marisa
Bello (disegno) e Giuliano
Spagnul (fotografia), l’unità è data da una storia di coppia
e dalla scoperta del sud, del suo sud, cui Marisa ha guidato il nord-orientale
Giuliano. Ne è stato esaltato un approccio che non è nuovo (per es. nei disegni
di Marisa) ma che acquista nuovo spessore e scivola in una sorta di nuova
dimensione a partire da una già frequentata, nota. La tendenza solare e
fortemente chiaroscurale del disegno,
secondo canoni di tradizione (quella degli anni cinquanta, infine) rivissuti
con una tensione tutta femminile e “magica”, sembra bagnarsi e farsi opaca
nell’onda della memoria, farsi diversamente
magica e diversamente evocativa. Foto e disegno si cercano e si
necessitano e poi si intrecciano. Ne risulta un mondo di penombra dove scivolano
ombre, sguardi e movimenti segreti, come in un limbo o purgatorio del ricordo,
riportati alla vita per poco, perché non se ne perda ogni traccia: sguardi e
movimenti che esistono in quanto esistono i luoghi che sono stati del loro
(lontano) presente.
Il “realismo” dell’immaginario pittorico meridionale di ieri è come
svuotato dall’interno, con un certo dolente languore, dal “realismo”
dell’immagine fotografica; e l’incrocio produce una cosa altra, della preziosa
religiosità che è della miniatura o dell’icona. Più limbo che purgatorio,
allora, perché poco hanno da purgare queste presenze ectoplasmiche, queste
anime che tornano a vagare nel loro ambiente, nel loro ricordo.
Vecchi, in definitiva; nel senso di antichi, di avi, e di depositari di
sapere e di memoria la cui storia transeunte è passata per il vicolo umido e
per il cortile di calce, ma il cui prima e dopo (come nelle più ardite di
queste immagini composite) è stato ed è tornato a essere la simbiosi con
l’ulivo e con la pianta; ma se (con un’altra immagine di questo gioco di metamorfosi)
dall’ulivo può fiorire la pietra, la rosa di pietra, la sostanza segreta
dell’uomo – quanto meno quello di ieri – è davvero in questi passaggi, in
questi ritorni.
Goffredo Fofi
Un’esplosione particolare è quella della coppia artistica italiana Marisa
Bello e Giuliano Spagnul
da vedere all’inizio di novembre nella biblioteca cittadina nel Falkenhaus:
entrambi hanno unito i loro diversi talenti – disegnare e fotografare – per una
molteplice collezione sotto il motto Sogni di terra. Il motivo per la sua
attuale esposizione trae origine dal paese pugliese di Marisa Bello, e così si
riflette sulle sue immagini la cultura contadina dell’Italia del Sud, il tipico
paesaggio e la straordinaria architettura della regione. Per esempio nel
collage “Ascoltando il tramonto”,
fotografia, disegno e penna e un profilo intenso descrivono il cambiamento di
un paesaggio attraverso l’industrializzazione, sottolineano il contrasto tra il
vecchio e il nuovo. Complessivamente il progetto richiede un maggior tempo di
lettura e conquista in seguito l’occhio dell’osservatore offrendo attraverso
interessanti combinazioni nuove varianti. Semplicità e modestia delineano il
lavoro della coppia artistica, senza però perdita di capacità espressiva.
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