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Abbiamo diviso le nostre “Opere di piccolo formato” in sei capitoli: Ori e colori hanno tutti una componente dorata, quasi ad alludere ai fondi oro del nostro alto medioevo; Figure nere giocano con una o più silhouette nere, possibili reminiscenze tra le silhouette romantiche tedesche e le figure dei vasi attici; Sul mio corpo illustra il rapporto di cura del corpo ma ricorda anche che le immagini stesse posseggono la capacità di muovere e turbare il corpo; Centurie sono romanzi, di Giorgio Manganelli, a cui l’autore, a suo dire, “ha tolto tutta l’aria”; Le nostre immagini non li illustrano ma cercano a loro volta di assecondarne la privazione forzosa di ossigeno cercando di coglierne il senso nel minor spazio possibile, e così l’operazione di visibilità delle Città invisibili di Calvino, visibilità che allude a un processo per sottrazione, che setaccia i pochi elementi che non vogliono passare dal reticolo, e infine Miscellanea, i resti del tutto, perché un resto c’è sempre ed è sempre bene che si trovi un posto anche per lui.
Resti,
sedimentazioni, reminiscenze, la nostra mostra così divisa nasce già in realtà
da un serbatoio di immagini preesistenti. Provengono dalla discarica del nostro
immaginario. Sono parti di opere non finite, appunti, aborti, errori, orrori.
Figure che non trovavano pace, fantasmi carichi di pathos, privati di uno
sbocco creativo definito. Ora qui esprimono, in questa nuova forma, forse per
certi versi ancor più di altre opere “finite”, il carattere liminare che è
proprio di tutte le realizzazioni estetiche, quel situarsi ai confini, la dove
la vita combacia tra il mondo interiore dell’io e quello esteriore del fuori,
dove inizia l’attività inaccessibile dell’altro.
Man mano che
procedevamo nel lavoro, nei momenti di pausa critica, in cui ci distanziavamo
un po’ dall’opera per capire meglio dove stavamo andando, ci veniva sempre più
in testa il pensiero e le riflessioni di Aby Warburg su un ritorno delle
immagini, il loro forare il tempo, il “sopravvivere” per salti storici
dall’antichità fino ad oggi. Una memoria delle immagini che salta ogni
cronologia ed ogni classificazione per rivivere in sopravvivenze. Le nostre
immagini avevano una sedimentazione
storica brevissima e una scarsa rilevanza ma forse nel metodo di lavoro
c’erano pratiche e sensibilità che ci ricordavano molto il grande Warburg. Le nostre immagini erano stratificazioni,
ibridi; avevamo scelto le parti più facilmente rigenerative e significative – rizomatiche.
Le immagini si componevano con movimenti di accordo/scontro. Attimi dinamici di
nuove costruzioni strutturali, risemantizzazioni sempre precarie e aperte che
cercano nuovi rapporti possibili, nuove soluzioni leganti e permutative. Il
presente è intessuto di passati multipli, le orme del tempo riappaiono nel
nostro presente con percorsi ondivaghi e altalenanti ma ostinati, sopravvivenze
che superano per salti ogni oblio e si arricchiscono di nuove complessità come
metamorfosi di una crisalide.
Marisa Bello e Giuliano
Spagnul
Opere
di piccolo formato
Non è la prima volta che Marisa Bello
e Giuliano Spagnul espongono i loro lavori in comune. Da ricordare in
particolare la mostra del febbraio-marzo 2007 alla libreria Utopia di
Milano: Marisa e Giuliano avevano esposto una serie di opere molto originali,
realizzate a quattro mani e ispirate al libro di Giorgio Manganelli dedicato a
Pinocchio.
Questa
volta si tratta di più di cento piccoli formati. “Piccoli formati”, certo, ma
le opere sono piccole in modo diverso e non tutte hanno forma perfettamente
regolare. Il formato è strettamente pertinente al contenuto.
I lavori sono suddivisi in sezioni
alquanto eterogenee fra di loro e, in più, una di queste s'intitola Miscellanea.
Sotto l'espressione «tecnica mista» troviamo un'ampia varietà, appunto, di
tecniche utilizzate: la pittura, spesso in acquerello, l'inchiostro, il collage
di carte, foto, tessuti. Allo stesso modo, Marisa e Giuliano non scartano, per
la propria ispirazione, alcun tema, che si tratti di vita moderna, di
architettura, di mitologia classica, della coppia o del nudo.. Se le sezioni
presentano una certa coerenza, non bisogna, tuttavia, cercarvi la trama di un
sistema. Ovviamente in quella consacrata più in particolare al corpo, la
modalità -tenerissima- con cui è trattato il corpo, domina; in quella degli ori
e dei colori la doratura è onnipresente, ma ogni opera è affidata alla più
ampia libertà di lettura o di non lettura. Così potrà accadere di notare, in un
piccolissimo quadro della sezione Figure nere, ciò che può essere letto
come un uomo d'affari che ha in una mano un telefono cellulare e un giornale
nell'altra mentre, dietro di lui, affonda un battello. Se si comunica questa
interpretazione ai due artisti, uno di essi dice, quasi meravigliato: “Ah,
davvero?”. Se in un'altra opera, di formato più grande, ci sembra di
riconoscere, al di sopra del profilo nero di un uccello, Alice nel paese delle
meraviglie, la risposta è: «Ma è mia sorella...». E a questo punto sarà chiaro
che le opere esposte non chiedono di prestarsi ad una lettura rapida e
definitiva.
Occorre tuttavia notare che la
suddivisione in sezioni corregge un po', ma solo un po', questo approccio;
infatti, scegliendo di dividere gruppi di opere utilizzando dei titoli, si
favorisce un orientamento di lettura. Accade così con il gruppo di venti quadri
intitolato Centurie, direttamente riferito all'opera di Giorgio
Manganelli. Il legame dei nostri due artisti a questo scrittore e traduttore, è
noto. In questa occasione essi non solo ne hanno adottato il titolo, ma hanno
anche tratto ispirazione dal sottotitolo, Cento piccoli romanzi-fiume:
la moltitudine di opere brevi ha suscitato la moltitudine di piccoli formati
sia per la dimensione che per lo spirito e il contenuto narrativo; infatti le
opere di Marisa Bello e Giuliano Spagnul, per questa sezione, fanno
riferimento, ognuna, a suo modo insieme libero e fedele, a uno dei racconti di
Manganelli. Osservazioni consimili potrebbero essere adottate per ciascuna
delle altre sezioni: Le città invisibili -riferimento esplicito a Italo
Calvino, e le opere hanno, come in Calvino, un nome di donna-, Figure nere,
Ori e colori, Sul mio corpo, e un gruppo, Miscellanea, che
mette insieme una pluralità di percorsi d'indagine. Fonti e riferimenti colti,
avvicinati in modo libero da qualsiasi pedanteria, una pittura di aspetto
semplice e misterioso, di una intensa e discreta seduzione.
Quanto alla collaborazione fra i due
autori, che per l'occasione, a loro dire, è fluida senza contrasti, anche
questa volta risulta sorprendente. E' spesso difficile, anche per i
frequentatori assidui delle loro creazioni, riconoscere chi ha fatto cosa. E
ciò permette di avvicinare in parte, la comprensione della grande unità che, al
fondo, sottende un'opera ricca di varietà.
Anne-Marie
Montebello
Traduzione
di Massimo Saltafuso
Valentina Scuderi e Andrea Pinna - Libreria Isola
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